Fra storia e memoria

Tutti si arrangiavano per far su qualche soldo o per arricchire spesso una tavola poverissima: i ragazzi catturavano gli uccelli che poi le madri spiumavano e cucinavano, si cacciavano le talpe per venderne la morbida pelliccia alle signore e si conservavano le ossa del maiale destinate alla vendita per la fabbricazione di sapone e lieviti. Anche la mandibola del porco aveva la sua funzione. Faceva da filtro nella tinozza del bucato. Si chiama bucato mica per niente: bucato era il contenitore, e la ‘gramola’ serviva a far scorrere l’acqua di lisciva trattenendo i panni. La lisciva si otteneva facendo bollire acqua e cenere insieme. Prima di metterci a mollo la biancheria, si filtrava usando un lenzuolo. Sono scene che non dimenticherò mai, potrei ripetere l’intera operazione anche adesso, senza dimenticare nessun dettaglio”.
Beppino osservava e imparava, facendo tesoro di un sapere contadino dalle solide basi pragmatiche. La sua famiglia, dopo aver vissuto alcuni anni nella vicina San Cipriano, giunse a Mansuè nel 1947. Suo padre era nato a Rigole e sua madre a Baselghelle. Lui invece venne al mondo nel 1943 a Gaiarine.
“Tutto ciò che amo e di cui serbo memoria infantile è qui, in questa zona. Ed è qui che desidero trascorrere la mia vecchiaia. Quando con la mia famiglia ci trasferimmo a Mansué, andammo ad abitare nell’ala di un’autentica villa del ‘700 che era stata proprietà del conte Marconi. Di quella magnifica casa ricordo le ampiezze, i pavimenti in terrazzo veneziano… Quando ho costruito Villa Almé è a quella antica residenza che mi sono ispirato.

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